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Emilia Romagna, via libera alla “piccola 328”

Il 6 marzo scorso il Consiglio Regionale dell'Emilia Romagna ha approvato la nuova legge regionale sui servizi sociali che accoglie lo spirito della legge nazionale 328.

di Francesco Agresti

Il 6 marzo scorso il Consiglio regionale dell?Emilia Romagna ha approvato il testo della nuova legge sui servizi sociali, frutto di un?intensa concertazione tra le diverse articolazioni della società civile. “Questa nuova legge riconosce il principio di sussidiarietà e valorizza il ruolo del Terzo settore”, spiega Fabio Protasoni, segretario del Forum del Terzo settore, “inteso non solo come interlocutore ma anche come soggetto cui spetta un ruolo attivo nell?applicazione della sussidiarietà. Ha accolto lo spirito della legge 328, che è quello di operare una forte integrazione tra tutte le risorse che sul territorio esercitano una responsabilità sociale. Senz?altro un modello possibile per le altre regioni”. Da sottilineare che l?Emilia Romagna è solamente la quinta Regione a recepire la 328, la prima fu la Lombardia. Tra i 69 articoli della legge regionale 97/2003, ve ne sono almeno 15 che fanno esplicito riferimento a soggetti del non profit. A partire dall?art. 2, secondo comma, che indica tra i soggetti che concorrono a realizzare il sistema integrato di servizi sociali “la cooperazione sociale, l?associazionismo di promozione sociale e del volontariato (?), le Ipab, le fondazioni, gli enti di patronato e gli altri soggetti di cui all?art. 1, commi 4 e 5 della l. 328/ 2000”. “Quando venne presentato il progetto di legge”, ricorda Mauro Ponzi, presidente di Federsolidarietà Emilia Romagna e portavoce del Forum regionale del Terzo settore, “il nostro giudizio fu molto critico, eravamo convinti che nella nostra regione c?erano le condizioni per poter andare oltre la 328. Al termine dell?intenso lavoro svolto dalla commissione consiliare, durato oltre un anno e mezzo, nel corso del quale sono stati consultati circa 800 rappresentanti della società civile, si è arrivati a un testo sul quale esprimiamo un giudizio pienamente positivo”. Ma a cercare bene qualche neo c?è. Per la completa attuazione della legge, infatti, è necessaria l?emanazione di 18 direttive, un lavoro che richiederà almeno un altro anno. “Il carattere di innovatività”, precisa Anna Piletti, consigliere nazionale Acli e segretario del Forum regionale del Terzo settore, “è presente già nel titolo della legge, in cui si parla di “promozione della cittadinanza sociale”, un aspetto su cui abbiamo puntato molto perché non volevamo un testo che si limitasse a regolare solo gli interventi assistenziali. Ora occorrerà vedere come saranno realizzati i principi della legge e cosa accadrà nei territori nella fase attuativa”. Un testo innovativo, si è detto. E allora, senza alcuna pretesa esaustiva, vediamo le novità: nell?art. 38, ad esempio, si parla di accreditamento di soggetti, e non solo di servizi, tenendo conto dei requisiti di trasparenza e di qualità sociale e professionale. Il quarto comma dello stesso articolo introduce il principio della “terziarietà” nei controlli, compito che non sarà affidato in esclusiva all?ente pubblico. La norma prevede infatti che “la Regione e gli enti locali assicurano la partecipazione dei cittadini e degli utenti al controllo della qualità dei servizi, anche favorendo l?attività delle associazioni di tutela degli utenti e delle organizzazioni sindacali”. Altro aspetto innovativo riguarda la sperimentazione. “Ai soggetti accreditati”, spiega Ponzi, “viene consentito di sperimentare forme nuove in risposta ai bisogni collettivi. In questo modo, se qualcuno ha capacità innovative di progetto trova spazio per poterle realizzare. Inoltre, la legge prevede che ai Piani di zona possano partecipare non solo coloro che sono in grado di conferire risorse economiche ma anche chi è in grado di portare contributi di altro tipo”. Infine, gli enti locali dovranno farsi carico della formazione professionale dei soggetti che operano per organizzazioni del Terzo settore; l?art. 34 stabilisce che “la Regione e le Province promuovono iniziative formative a sostegno della qualificazione delle attività dei soggetti del Terzo settore”. Tali attività saranno inserite e finanziate dai piani formativi regionali e provinciali. Assistenza: il modello lombardo Quando – Il 5 ottobre 2002 la Giunta regionale della Lombardia ha approvato il Piano socio-sanitario per il triennio 2002-2004. Insieme a Liguria, Toscana, Campania e Valle d?Aosta, la Lombardia è una delle Regioni che ha dato attuazione al Piano sociale (ex legge 328/2000) nei tempi previsti. Contenuto – Il piano introduce di fatto un cambio di cultura profondo attraverso l?apertura del mercato dei servizi socio- assistenziali al privato e privato sociale con la procedura dell?accreditamento, con l?introduzione di buoni socio-sanitari e voucher, con la possibilità di introdurre forme di assicurazione privata per le prestazioni non comprese dai Lea, Livelli essenziali di assistenza. In questa ristrutturazione, il Terzo settore è chiamato a diventare protagonista nell?erogazione di prestazioni di servizi socio-assistenziali e socio-sanitari. Info: Portale Regione Lombardia


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